Camilla Baresani
Autore: Euripide
Titolo: Alcesti
Editore: BUR - Corriere della Sera
Anno di pubblicazione: 2012
Prezzo: €2,90

Sommario

EURIPIDE – Alcesti

Giugno 2012 - Sette - Corriere della Sera - Recensioni
Euripide è un beniamino del genere femminile: la sua passione per la complessità emotiva delle donne ha dato spessore e grandiosità al teatro greco, prima di lui costruito soprattutto su un modello eroico tradizionale, con protagonisti dai comportamenti più lineari di quelli delle tormentate donne euripidee. Alcesti è la più antica delle diciannove opere di Euripide arrivate fino a noi: si tratta di un dramma leggero, cioè di una tragedia con epilogo lieto, come informa Apollo già nel prologo, per rassicurare gli spettatori allentando la tensione.
La storia, assai avvincente nonostante la “soffiata” di Apollo, è quella di una donna – Alcesti, appunto – che sacrifica la propria vita offrendosi per sostituire Admeto, il marito condannato a morte dagli dei. Il dramma riguarda la condizione umana, di mortali assoggettati alla volontà e ai capricci degli dei, ma anche l’amore coniugale e la gelosia. La povera Alcesti è disperata perché deve morire e lasciare marito e figli, ma anche per un diverso genere di tormento: “Un’altra donna ti possiederà,” dice ad Admeto, e si figura la rivale mentre occupa il suo posto nel letto nuziale, tra le braccia del marito. Così l’uomo è costretto a giurare che non si risposerà mai: “Poiché t’ho avuta da viva, anche da morta sarai la mia sola donna”. Come immaginate, in questa storia Admeto non fa una gran figura, visto che per salvare la pelle lascia che a morire sia l’amata moglie e madre dei suoi figli. L’eroina è chiaramente Alcesti, e “…questo lo sa tutta la città”, come dice il coro. E ancora: “Nessuno pensi che sia un semplice tumulo funerario la tomba di tua moglie. Sarà onorata come un dio e venerata dai viandanti”. Quando Admeto rimprovera il padre Ferete per non essersi offerto di morire al posto di Alcesti, quello gli dice: “E proprio tu parli della mia vigliaccheria, tu, disgraziato, che sei di tanto inferiore alla donna che è morta per i tuoi begli occhi”. Verso la fine del dramma, interviene Eracle, che riesce a sottrarre Alcesti agli inferi e la riporta a casa, sotto mentite spoglie, costretta a tacere per tre giorni. La scena dell’agnizione, con Admeto che infine riconosce Alcesti nella donna velata, è diventata un classico dell’arte funeraria, che per secoli l’ha raffigurata in dipinti e mosaici. E tra le tante rivisitazioni letterarie della tragedia ne scegliamo una: Alberto Savinio, affascinato dal tema della morte che fa vivere, scrisse nel ’49 l’Alcesti di Samuele. Qui, l’eroina che dà la vita per il proprio uomo è un’ebrea, che si sacrifica per non intralciare la carriera del marito nazista.