Camilla Baresani

Sommario

Bellezza, emozione, ornamento

Gennaio 2006 - Enciclopedia de L'Erasmo, tre voci - Storie

Tranne quella del paesaggio, che per motivi imperscrutabili non annoia mai, la bellezza contiene in sé un germe di autodistruzione che sta nell’eccesso di “visibilità”. Esposti di frequente alla bellezza del movimento di una sonata, alla compagnia di una persona che ci pare incarnare la perfezione delle forme, a un verso che ci pare contenere un incantevole equilibrio di senso e di suono, finiamo per annoiarcene: a volte semplicemente non accorgendocene più, come fosse silenzioso o trasparente o svuotato di forma e significato; a volte addirittura provando fastidio.
Tra i tanti tipi di bellezza che ci frastornano e ci allietano, alcuni hanno un grado ulteriore di perfezione che sta nell’immediata comprensibilità a chiunque vi si esponga, nell’incantamento che provoca a ogni latitudine. Ricchi o poveri, colti o primitivi, esquimesi o africani, tutti subiscono la bellezza della natura selvaggia, e anche di quella popolata da architetture che i secoli hanno fuso col paesaggio. Lo stesso capita con qualsiasi essere sia “cucciolo”, animale o umano che sia: il bambino che ride, l’orsetto che vacilla sulle gambe, persino la moltitudine di girini che scodinzola in uno stagno.
Quanto alla bellezza più celebrata al mondo, quella femminile (da Afrodite alla Madonna sino alle dive del cinema), in passato fu percepita con gran varietà di fogge e gusti, e comunque perlopiù legata alla formosità. Oggi invece la concezione di venustà ha subito una profonda trasformazione che l’ha stereotipata: per gran parte degli individui corrisponde a un canone abbastanza rigido, stabilito non si sa bene da chi – dunque non si sa nemmeno con chi lamentarsi. La mancata adesione a tale canone è fonte di molte delle futili ma immancabili ansie che agitano l’uomo moderno.
EMOZIONE
Stato d’animo attualmente molto sopravvalutato, dato che si ritiene aiuti a vendere prodotti. Un uomo – un consumatore – non emozionato, è individuo poco disposto a spendere. E ciò va ovviamente contro tutti i principi del flusso e della circolazione del denaro. Legata sia al concetto di bellezza sia a quello di avventura e sentimento, l’emozione ha anche la caratteristica di essere molto comunicativa, come il riso, il pianto o – perché no – lo sbadiglio. Motivo per cui al cinema e soprattutto in televisione si vedono così tante scene imperniate su persone emozionate. Questo capita in particolare quando gli autori delle sceneggiature o dei programmi, incapaci di costruire storie emozionanti, che cioè col meccanismo della trama producano pathos, prendono la scorciatoia del protagonista emozionato. E’ così che di fronte a scene che ci lasciano freddi, quando non infastiditi, vediamo invece tanti figuranti piangere, mugolare, emettere gridolini.
Il controllo delle emozioni, su cui fu costruita tanta parte dell’educazione al decoro borghese, è prassi ormai vituperata, anche perché psicologia e psicoanalisi hanno insegnato che tutto ciò che si trattiene salta fuori più tardi in forme nocive per sé e per la società. Molto hanno contribuito anche gli studi giuridici e l’affermarsi dei diritti dei cittadini: il senso di ingiustizia non viene più tollerato bensì espresso, agito, organizzato. Dal mobbing al disagio per la perforazione di una montagna ogni variante dell’emozione – il batticuore, l’inquietudine, il turbamento, la trepidazione – va manifestata senza remore.
Al fine di esemplificare i propri stati d’animo, e dunque manifestarli con ossessiva frequenza, esiste da qualche anno un linguaggio codificato, fatto di faccini stilizzati e di segni d’interpunzione variamente combinati, usato soprattutto nelle comunicazioni via sms ed e.mail – e non a caso chiamato “emotycon”. All’elaborazione concettuale e all’analisi degli stati d’animo sì può così sostituire una sorta di tipizzazione grafica che significhi i vari stadi dell’emotività.
ORNAMENTO
Quando si parla di “ornamento” è giocoforza riferirsi al saggio dell’architetto cecoslovacco Adolf Loos, in polemica con le derive ornamentali della Secessione Viennese. Ornament ist Verbrechen (curiosamente tradotto in italiano con un Ornamento e delitto in cui la congiunzione “e” sostituisce l’assertività del verbo essere), benché pubblicato nel 1908 è una dissertazione attuale. In pratica Loos vuole affermare che tutta l’arte ornamentale, o decorativa, è conseguenza di una concezione del bello o primitiva (il calzolaio trafora le punte delle scarpe perché per il suo limitato sviluppo culturale non c’è altro modo con cui esprimere la propria creatività) o prettamente commerciale (un arredamento festonato come quelli della Secessione, nel volgere di pochi anni si renderà insopportabile a chi l’ha scelto, costringendolo a comprarne uno nuovo). Secondo Loos, fustigatore di ogni deriva ornamentale persino in campo culinario (“Io mangio roast-beef), l’architettura è questa: “Se in un bosco troviamo un tumulo, lungo sei piedi e largo tre, disposto con la pala a forma di piramide, ci facciamo seri e qualcosa dice dentro di noi: qui è sepolto qualcuno. Questa è architettura.”
Dal canto nostro, in campo letterario, possiamo far notare come gli eccessi di descrittività compiaciuta, ovvero una prosa o una poesia decorate di cianfrusaglie lessicali, siano spesso sintomo di quell’ossessione riempitiva e di quella paura del vuoto tipici del principiante. Inoltre nell’arte narrativa l’ornamento della descrizione minuziosa e a volte estenuante di paesaggi e stoffe e arredi è divenuto superfluo a causa della sopraggiunta diffusione – al cinema, in televisione e su internet – di una serie infinita di modelli visivi. Senza perdersi in prose ornate e dettagli superflui, bastano ormai pochi tratti per comunicare l’idea a chi ha già negli occhi i modelli di infinite situazioni e luoghi e tipologie.
L’arzigogolo decorativo può tuttavia essere alla moda (come nel campo del design fu il postmodernismo del gruppo Memphis), e anche sintomo di allegria e gioiosa vitalità.