Camilla Baresani

Sommario

Il cirque du soleil a Las Vegas

Novembre 2006 - Magazine - Corriere della Sera - Storie

Se vuoi provare a startene appollaiato su una roccia del Grand Canyon, ovviamente al tramonto, non c’è fotografia o filmato tridimensionale o droga che possa sostituire quell’emozione. Devi per forza andarci. Esserci. Così come capita con la musica quand’è dal vivo anziché riprodotta. Con il vantaggio che musicisti e rockstar portano i loro concerti in giro per il mondo, tranne nel caso di spettacoli impossibili da riprodurre perché per loro natura inamovibili. Come quelli del Cirque du Soleil, i cui show esportati non sono altro che surrogati che nulla hanno a che vedere con gli spettacoli allestiti a Las Vegas, rappresentati in teatri costruiti su misura per la loro complessa e addirittura fantasmagorica messa in scena. E non è necessario amare il circo, o il teatro o il cinema, per rimanere strabiliati di fronte a tanta fantasia, bravura, inventiva, tecnica, innovazione scenica … Né è necessario essere bambini o adulti con l’animo infantile. Basta infatti essere vivi.
Ma cominciamo dall’inizio, cioè da Las Vegas, che fino a poco tempo fa era ritenuta la capitale del gioco d’azzardo, dei matrimoni all’impronta, della replica pacchiana di spunti architettonici cui ispirare i propri hotel-città, e che ora invece è diventata la capitale mondiale dello spettacolo. Dalla stucchevole Celin Dion al grande Prince, dai più importanti musical al teatro vero e proprio, non c’è più Londra o Broadway che tenga. Solo Las Vegas in questo momento può riempirvi le serate per dieci giorni di seguito, da uno show all’altro, senza possibilità di annoiarvi. Meno effervescente invece la vita durante il giorno, se il gioco non vi attrae e la giornata in piscina non fa per voi. Ma resta da guardasi attorno, con quel popolo di pensionati e di disabili attaccati alle slot-machines come a degli autorespiratori; quelle famiglie che hanno capito che Las Vegas è la nuova vera Disneyland e portano in giro bambini perennemente sbalorditi; quelle comitive di giovani convenuti per compleanni o matrimoni festeggiati in piscina, la sposa col velo in testa e per il resto in topless come le invitate, quasi tutte con seni caricaturalmente artificiali. Una città percorsa da gente che sta sempre bevendo o mangiando qualcosa mentre cammina, e dove ogni grande albergo, che è appunto la replica caricaturale di qualcos’altro (piramidi, Venezia, Bellagio, lingotti d’oro, persino il mare con le onde), è una città a sé stante, zeppa di negozi spesso uguali a quelli che trovi qui da noi, di ristoranti che sono la succursale di qualcos’altro che c’è già, di bar dove i barmen inscenano spettacolini e gare da giocolieri con quello che hanno a disposizione: bottiglie, bicchieri, limoni.
Gli spettacoli del Cirque du Soleil sono rappresentati in cinque diversi alberghi che, in base al tipo di show, hanno costruito dei teatri appositi, con inimmaginabili soluzioni sceniche (uno, Zumanity, è ancora in fase di rodaggio). Palcoscenici che diventano piattaforme che si alzano e si abbassano per diversi metri, carrucole e palchi che si materializzano dall’alto e di lato (e in assoluto silenzio), luci a pioggia e acustica impeccabile: tutto per generare un continuo stupore che va a sommarsi a quello per l’esibizione di acrobati bambini, trampolieri con costumi strepitosi, contorsionisti, ballerini fenomenali, in spettacoli di un’ora e mezza dove non ci si annoia un solo secondo. E si è come presi dalla frenesia di non perdere nulla, perché c’è sempre qualcosa o qualcuno che sta calando dal soffitto e svolazzando acrobaticamente sopra di te: solo che se lo segui perderai quella parte di palcoscenico che era sprofondata inghiottendo un paio di mostri e che ora risale colma di grotteschi mocciosi che si baloccano e in realtà fanno acrobazie impensabili, mentre delle coriste spuntano da una parete alle tue spalle e creano con le loro voci un effetto magico, e un uomo in fiamme legge un quotidiano in fiamme, tranquillo e pacifico per un minuto, due, tre… poi si alza e se ne va, sempre seguito dal suo fuoco.
Davide Zard, l’impresario che ha portato in Italia gli show “formato esportazione” del Cirque du Soleil, dice: “Quando ho visto per la prima volta gli spettacoli di Las Vegas ho pensato di smettere col mio mestiere. Uno tende al massimo, ma il massimo è là e non si può esportarlo. Poi mi è venuto il desiderio di andare a Montreal, che è la sede del Cirque du Soleil: è là il loro atelier, dove nascono le loro invenzioni. Ora stanno studiando uno show dedicato a Elvis Presley, dopo il successo di Love, dedicato ai Beatles”. Zard, sta pensando di organizzare dei pacchetti-viaggio a Las Vegas, su misura per poter seguire tutti gli spettacoli del Cirque.
Per farsi un’idea del successo di queste rappresentazioni, va considerato che i teatri hanno una capienza di 1200/2000 posti, i biglietti costano dai 60 ai 150 euro, e ci sono due rappresentazioni al giorno, sempre esaurite. E’ difficile stabilire una graduatoria dei cinque show del Cirque attualmente in scena a Las Vegas: “Mystère”, il più collaudato è spassoso, perfetto, senza una sbavatura, e zeppo di idee; i costumi sono i più belli mai immaginati, trasformano in pupazzi perfetti e credibili i fior di acrobati che li indossano. “O” è il più spettacolare: è uno show di circo acrobatico-acquatico, ambientato in un teatro costruito nell’hotel Bellagio, famoso per i giochi d’acqua e il finto lago. In “O” ci si strabilia di tutto, a partire dalla macchina scenica: il palcoscenico si abbassa fino a divenire profondissima piscina, per tuffi incrociati di decine di acrobati che spuntano da ogni dove, piove acqua dal soffitto ma anche dal basso, una serie di assistenti-sommozzatori è all’opera per dirigere il traffico degli acrobati, fornire respiratori e muovere i mille fili del palco. Se stabilissero un Nobel per l’ingegneria scenica dovrebbero senz’altro assegnarlo all’equipe che ha studiato questo teatro. Il palcoscenico di “Ka”, invece, si inclina a 90 gradi, e gli acrobati che vi si muovano simulano un immenso flipper o videogioco, in cui l’atmosfera è guerresca e da ogni lato del soffitto e delle pareti saltano fuori sempre nuovi nemici e combattenti. C’è poi “Love”, lo show sui Beatles. Il teatro è circolare e gli spettatori sono seduti come in un’arena, ma lo si scopre solo quando si apre il sipario. E’ molto bello anche il decor optical esterno al teatro, e le maschere vestite da soldato inglese col cappuccione di pelo o da poliziotto di quartiere. Anche qui abbiamo i soliti trapezisti che si calano dai punti più imprevisti del soffitto, e poi stupefacenti effetti di drappi e petali e stelle filanti che volteggiano in aria per finire come in una nevicata sugli spettatori. Ma nel complesso lo spettacolo non è strepitoso come gli altri (a parte le canzoni, così ben amplificate da far sembrare che i Beatles siano lì a suonarle dal vivo), mentre il contorno di balletti acrobatici un po’ annoia e un po’ risulta chiassoso, come certe scene di “Hair”. C’è poi da dire che, arrivati al quarto giorno di spettacoli del Cirque du Soleil, a forza di gente che casca dal soffitto, spunta dalle pareti, volteggia nell’aere, mentre il palcoscenico si apre, si scompone, sprofonda, prende fuoco e spruzza, non ci si stupisce più di nulla, ed è forse il momento di andare a fare la famosa gita al Gran Canyon, sedersi solitari su una roccia al tramonto, e meditare.