Camilla Baresani

Sommario

L’uso giornalistico della parola “amante”

Febbraio 2005 - Ventiquattro - Il Sole 24 Ore - Storie

“Amante” è parola bellissima: racchiude in un unico moto spontaneo dell’animo passione e piacere, curiosità e dedizione. E non è solo prerogativa dell’uomo, ché sanno essere “amanti” anche gli animali – i cani, per esempio: amanti di altri cani, delle persone, della caccia, della vita casalinga. Esclusiva dell’uomo è semmai la duttilità del senso, giacché per noi questa parola, a seconda della natura dell’amato, assume il suo vero significato finale.
Un amante della natura lo figuriamo d’animo sensibile e rispettoso, un amante del lusso lo si immagina vanesio e smidollato. C’è poi l’amante di una persona sposata: se donna, è un tipo triste e frustrato o una profittatrice rovinafamiglie; se uomo, è il bieco corruttore di una casalinga sprovveduta, oppure un insipido gigolò. Sul dizionario, tra i sinonimi, troviamo “costante”, “fedele”, ma anche “infedele” e “traditore”: straordinaria potenza di una parola che contiene un senso e il suo esatto opposto. Purtroppo, nella versione che allude a torride relazioni più o meno clandestine, la parola continua a essere utilizzata in un’accezione fastidiosamente ostile alle donne, carica di connotati negativi. Un esempio: se un cinquantenne ha una relazione con una trentenne, si dirà che ha una fidanzata, una compagna, un’amica. Una donna di cinquant’anni, invece, ha un compagno solo se frequenta un uomo più vecchio, altrimenti si dice che ha un amante: definizione che esprime una critica subdola e inammissibile a donne che rifiutano di vivere secondo modelli altrui. I campioni di questo uso contundente del vocabolo sono i giornali, poiché il linguaggio parlato non è altrettanto morboso. “Amante” va fortissimo soprattutto nei titoli, scagliato come un sasso contro i protagonisti di casi di cronaca: lo si fa valere per adultero, per soggiogato da un torbido erotismo. La Repubblica, quotidiano d’impostazione liberal, che quindi si suppone faccia maggior attenzione di altri a tali dettagli, usa abitualmente scaraventare quest’epiteto a tutta pagina.
Ultimo caso, reiterato, quello del ministro inglese Blunkett, costretto a dimettersi per aver sveltito le pratiche del visto di una baby sitter che lavorava per la sua ex fidanzata, sempre definita “l’amante”. Certo, era sposata a un altro; ma la relazione tra i due non era segreta: insieme si facevano fotografare e trascorrevano le vacanze, e pare abbiano addirittura fatto due figli, sul cui riconoscimento di paternità è poi esplosa la lite della coppia. “Amante”: ecco cos’è, per i giornali, una donna che rovina la carriera politica di un uomo! Perché, invece, non dare a chi è perfido o disonesto del perfido e del disonesto, e lasciare a chi ama l’essere amante, togliendo al significato ogni incrostazione peccaminosa – peraltro del tutto superata dal sentire comune?