Camilla Baresani

Sommario

EMMA – Vado a Sanremo e mi sfido

Gennaio 2024 - Grazia - Interviste

E siamo alla quarta volta in gara a Sanremo, cui vanno aggiunte la co-conduzione del 2015 e le numerose presenze come superospite e ospite. Sono numeri da veterana. Emma, cantautrice da record (di vendite, di follower, di popolarità, di rappresentatività), a febbraio 2024 sarà di nuovo in gara, tredici anni dopo la prima volta. Ci sono carriere che dopo una prima fiammata si spengono. Ormai Emma non corre più quel rischio. È consolidata. Ha dimostrato di contenere immensità creative e reattive, di essere una persona che sa anche essere personaggio. Se il titolo della canzone con cui concorrerà a Sanremo rimane segreto ancora per qualche giorno, Emma rivela però in anteprima a Grazia che l’11 novembre 2024 terrà un concerto al Forum di Assago di Milano, per festeggiare con il suo pubblico la chiusura di Souvenir in da club. Questo tour di presentazione dell’album di inediti con cui Emma sta girando l’Italia è stato concepito per dare una dimensione più intima al rapporto con la musica e con il pubblico. Del resto, Souvenir è un album autobiografico, personale, pieno di canzoni che sono appunto ricordi e presenze che accompagnano ogni giorno la vita della cantautrice salentina. 

Emma, partiamo proprio dal suo tour, dal bacio assestato a un ragazzo del pubblico durante un concerto ai Magazzini Generali di Milano. Alcuni commentatori l’hanno rimproverata di molestia al contrario: “Se l’avesse fatto un uomo a una donna…” 

Pochi mesi fa, una ragazza ha cercato in maniera quasi violenta di palpare Damiano dei Måneskin, sempre durante un concerto. La stessa cosa è capitata a Blanco. Voglio dire che quello che conta è il modo in cui si fanno le cose. Scendere in mezzo al mio pubblico, come sto facendo in questo tour, camminare tra di loro e baciare una persona a caso, come se avessi baciato tutti, con delicatezza e guardandosi occhi dentro gli occhi, mi sembra un gesto che dimostra la mia eterna fiducia negli altri. Altrimenti non scenderei da sola in mezzo alla gente, io non ho i bodyguard che mi proteggono, perché tanto, a proteggermi, è il pubblico. Quando bacio qualcuno è un modo per ringraziare, e l’altro giorno l’ho fatto con una ragazza. Se potessi bacerei tutti. Il mio è anche un messaggio di amore universale e di fiducia. E non credo proprio che chi ha ricevuto un mio bacio si sia sentito violato, molestato. 

Si parla molto di salute mentale. Lei è arrivata al successo da giovane, ha combattuto contro malattie gravi, ha subito lutti, tradimenti, le critiche degli haters. Ma anche se si dichiara “sbagliata”, come nel titolo del suo docu-film Sbagliata ascendente Leone, evidentemente ha un grande equilibrio. Come ha fatto a mantenerlo?

Sicuramente ho vissuto già 7 o 8 vite in una, proprio per l’intensità di quello che mi è capitato. Innanzitutto, credo che esista un fattore genetico. Parlo di geni familiari che ti trasmettono non solo i genitori, ma i nonni, i bisnonni. Oltre a questo, c’è una parte individuale di sentimenti. L’insieme fa sì che io sia salda, ed è dovuto anche all’educazione che ho ricevuto nei luoghi dove sono cresciuta. Hanno contribuito a far sì che la mia parte mentale si formasse in maniera sana e molto molto salda. E poi c’è stato l’esempio che ho ricevuto dei miei genitori, dalle donne di famiglia. Oggi posso dire che sono una persona che sa ricevere i colpi della vita. Forse perché ho iniziato a prenderli veramente da giovanissima. Sono capace di reagire e non sprofondare. E di situazioni difficili ne ho vissute veramente parecchie. Inoltre ho imparato che non devo inseguire l’onda, esserci sempre.  Quando qualcosa non mi torna, prendo il mio tempo, faccio un passo indietro nei confronti della mia carriera e prima di agire rifletto. Sono una persona molto riflessiva.

Mina o Lucio Battisti non dovevano misurare il proprio successo anche contando il numero di follower sui social, non subivano attacchi degli haters, non venivano a sapere che a migliaia di chilometri di distanza c’era qualcuno che detestava il loro corpo, o il vestito, o la faccia. Lei come si adatta a questo fardello della contemporaneità?

Quando ero ragazzina e vivevo in Salento, dove le cose arrivavano sempre con anni di ritardo, ricordo che mettevo da parte i soldi perché ogni settimana usciva Tutto musica, dove trovavo le notizie sugli artisti, vedevo le foto dei tour, leggevo i testi delle canzoni. Adesso apri il telefono e vedi tutto quello che noi decidiamo di mostrare. Nel mio caso dal primo giorno ho gestito tutto personalmente. Non ho mai voluto delegare alla mia casa discografica o a un social media manager l’utilizzo della mia presenza social. Sono io che faccio i miei post, che decido cosa raccontare, e forse pian piano mi sono allenata anche a capire come giostrarmi tra l’essere una persona con dei sentimenti, ed essere un artista sottoposta al giudizio di tutti.

Quindi lei legge anche i commenti?

Leggo tutto e ovviamente mi è capitato di rimanerci molto male. Ma la cosa che mi sconvolge non è tanto un insulto in sé e per sé, è piuttosto come spiegarmi come possa una persona che non sa niente di me, che non mi conosce, scagliarsi con così tanta cattiveria nei miei confronti. Io non userei tanta cattiveria neanche contro una persona che ha fatto del male alla mia famiglia. Ho capito che questo è il sintomo di una società che sta fallendo: le persone sono completamente destabilizzate dall’impatto con la realtà. E poi c’è un fondo di ignoranza dietro questi insulti che arrivano da sconosciuti. Negli anni ho imparato che magari dietro un insulto non c’è altro che una voglia di apparire, anche perché ormai si è capito che sui social paga molto di più la violenza, la stronzaggine, che essere brave persone. Questa è la verità: le brave persone non vanno più di moda.

Nella sua esperienza, queste persone cattive sono più maschi o più femmine?

Mi dispiace doverlo dire, ma purtroppo i messaggi più feroci arrivano spesso dalle donne. Magari gli uomini fanno battute becere da bar, cosa che dà fastidio ma ci siamo abituate. Ma nei commenti delle donne c’è una perfidia molto più sottile.

Quale è il problema, l’invidia?

Viviamo in una società dove dobbiamo essere sempre per forza tutti i numeri uno, tutti più bravi degli altri, tutti al primo posto. Se nella vita di tutti i giorni una persona non raggiunge in poco tempo i proprio obiettivi, entra in un vortice di insicurezza e fragilità e, invece diossevare gli altri per imparare o per migliorarsi, lo fa per infierire, per fare del male. Questo è un problema sociale. 

A quanti anni ha pensato che voleva assolutamente diventare una cantautrice?

Dopo la maggiore età, con la patente. Sono diventata autonoma. Giravo con delle band, facevamo concerti in posti dove magari la paga era la birra il panino. 

Prima di capire che cantare poteva diventare una carriera, aveva pensato ad altro?

Inizialmente volevo studiare al Dams, storia della musica e dell’arte. Ma c’era solo a Roma e a Bologna e i miei genitori non avevano la possibilità economiche di farmi studiare fuori. A Lecce c’era Giurisprudenza, ma non era la mia storia. A quel punto ho fatto tanti lavori: lavoravo e suonavo in giro, ma avevo capito che non era abbastanza per me. Non mi volevo accontentare e quindi ho iniziato a dire i miei genitori che volevo rischiare, non mi bastava la mia vita lì.  

E l’hanno aiutata?

No

Non ci credevano?

Non c’erano tutte le libertà di adesso e per noi del sud è sempre stato più difficile: partire dalla Puglia per andare a Roma con i treni della notte era un viaggio di 8 ore. Sembrava sempre di dover andare in America. Quindi, da parte dei genitori, c’era anche un po’ di paura. L’educazione era un po’ più rigida, ma soprattutto erano profondamente spaventati da questa figlia che aveva dei sogni molto più grandi rispetto a quelle che erano le aspettative, la realtà della vita.

Non volevano illudermi e non volevano illudersi, non l’ho vista come un divieto perentorio perché non ce la potevo fare, era più un modo per proteggermi dal rischio di insuccesso.

Tutte queste notizie preoccupanti su cosa fanno gli uomini, certi uomini, alle donne, come le vive? Le capita di avere paura?

Ho paura degli sconosciuti, non dei miei amici, perché a 39 anni so che le persone intorno a me, se per esempio dovessi bere troppo, mi aiuterebbero. Ma poi in realtà sono sempre io quella che riporta tutti a casa. Però, quando a Milano torno tardi, se il taxista non lo fa già spontaneamente, gli chiedo di aspettare che sia entrata dal portone.

Si è parlato molto della situazione della sicurezza a Milano. Lei ha percepito un peggioramento?

Vado e vengo da Milano da ben vent’anni. E ricordo che la sera andavo sui Navigli, dove c’erano i locali degli artisti, e non provavo il senso di paura che provo adesso.  

Secondo lei l’insicurezza è dovuta all’immigrazione? 

Non faccio questa distinzione. Non sono razzista. Ci sono anche tanti italiani fuori controllo, quindi è un problema di gestione. Forse Milano ha puntato troppo sull’estetica, le belle strade curate, i palazzi da una grande città europea, e ci si è dimenticati di occuparsi della sostanza del vivere. 

Roma percepisce la stessa insicurezza? 

No. Abito a Trastevere e non mi capita mai di avere paura.  

Nella vita privata le è mai capitato di subire un uomo geloso?

Sono sempre scappata a gambe levate, anche quando ero ragazzina. Avevo già capito che la gelosia è tossica. Quando un uomo cominciava con le domande “dove vai con chi vai”, ho sempre mollato subito. Io non ho mai visto mio padre fare queste domande a mnia madre. E noi siamo anche il frutto dell’esempio. Mio padre non mi ha mai detto “la gonna è troppo corta, sei troppo truccata”. 

Gran parte delle donne vive male il rapporto con il proprio corpo e viene criticata per i propri vestiti. Capita anche a lei?

Mi ritengo una persona libera di essere come sono e di mostrarmi come voglio. Vorrei che la stessa libertà l’avessero tutte. Io non sono giudicante, anzi, guardo le donne e le ammiro. In America sul palco con un microbody c’è Cristina Aguilera ma anche Beyoncé. Non si vergognano dei loro corpi, sono delle artiste. Pravo si esibiva con le camicie aperte sul seno, Renato Zero in calzamaglia come David Bowie, Loredana Bertè e Tina Turner portavano gonne cortissime. Secondo me stiamo regredendo. Adesso criminalizzano Elodie o me per una culotte o perché metto i cerotti sul seno. Dove sta la libertà di espressione, quella di esprimersi anche attraverso il corpo? Forse il problema è che molto hanno paura di queste donne che finalmente si mostrano così come mamma le ha fatte. Invece i miei colleghi maschi sono liberi di mostrare i loro i capezzoli, mentre i nostri vengono censurati. Continuiamo a fare differenze tra il corpo maschile e il corpo femminile, e noi siamo sempre la cosa da nascondere. 

Quale canzone di Souvenir le viene da canticchiare in questo momento?

Ora sono in tour, quindi il cervello non si spegne mai. Ci sono mattine che canticchio Capelli corti e altre che mi sveglio con il ritornello di Carne viva. 

So che non può dirci nulla della canzone di Sanremo. Cambiano di partecipazione in partecipazione gli stati d’animo? Ci si fa l’abitudine?

È sempre emozionate e sicuramente c’è sempre un po’ d’ansia, però mi sono anche molto divertita. E non mi metto sfida con gli altri: la sfida più grande a Sanremo è sempre quella con me stessa, e ogni volta mi dico: “vediamo quest’anno che cavolo combino”.

Sua mamma verrà all’Ariston?

No. È una persona molto riservata. E poi in quella settimana devo stare molto concentrata: abbiamo una vita frenetica, e non è che mi porto mia mamma e la posso chiudere in albergo. Magari ci immaginano negli alberghi di lusso con ostriche e champagne. Invece a ci buttiamo un panino in bocca tra un’intervista e un’altra, e poi il trucco, il  parrucco, le prove. Però, forse, mio fratello mi farà una sorpresa…