Camilla Baresani

Sommario

CAROL BOUQUET

Luglio 2004 - Vanity Fair - Interviste
La scatola cranica è una delle più belle che abbia mai visto: dimensione e proporzioni sfiorano la perfezione. In un eventuale museo di teschi, il suo sarebbe di quelli più ammirati, con una muraglia di giapponesi a fotografarlo furiosamente.
Mentre Carole Bouquet, piena di verve, descrive la sua passione per il lavoro d’attrice, io fatico a concentrarmi: si rimane incantati da quel viso appuntito, dalla forma della nuca, dalla curva della mascella con lo stacco sul lunghissimo collo. L’occasione dell’incontro è data dal film che il 4 agosto ha inaugurato il Festival di Locarno: Les fautes d’ortographe (errori di ortografia) di Jean-Jacques Zilbermann. È la storia di un quindicenne malmostoso, ambientata negli stanzoni di un collegio che ospita ragazzi afflitti da problemi famigliari. Carole Bouquet vi interpreta il ruolo di sorvegliante generale dell’istituto nonché moglie del direttore. La coppia ha come unico figlio il protagonista – che sarebbe poi il regista da giovane, essendo il soggetto del film dichiaratamente autobiografico. Sulla scena, benché non truccata, sopraffatta da una pettinatura che le ingombra di capelli il viso, nascosta dietro gli occhiali, infagottata sempre nello stesso vestito, Carole emana una grazia e una delicatezza decisamente incongrue rispetto alla tetraggine del film. È il destino delle bellezze raffinate: come attrici sono di difficile collocazione. Mentre la bellezza vistosa può essere involgarita o acquietata con qualche artificio, e diviene buona per tutte le parti, certe donne di eleganza naturale e sofisticata sembrano fuori luogo in gran parte dei ruoli per cui le scelgono. Al di là delle loro capacità recitative, sono condannate a impersonare intellettuali e signore della buona società, tutt’al più psicopatiche impasticcate.
Lei ci riceve in un lussuoso ristorante di Parigi, la Fontane Gaillon, a pochi passi dall’Opera. Per il pranzo? Macché, per Carol Bouquet quel locale è come un ufficio o il salotto di casa: la proprietaria è lei, insieme al fidanzato Gérard Depardieu.
Tre carriere: attrice, imprenditrice della ristorazione e produttrice di passito nella sua tenuta di Pantelleria. Immagino non soffra dell’ansia degli attori, che quando non hanno almeno tre copioni da valutare sul tavolino si sentono dimenticati.
«Ora no di certo, ma anche quando facevo esclusivamente l’attrice non sono mai rimasta senza proposte. C’è stato un solo momento in cui mi sono sentita in bilico, negli anni Novanta, quand’ero il volto dello Chanel n°5: con la pubblicità guadagnavo talmente tanto che ho cominciato a valutare con intransigenza i copioni che mi arrivavano. Così, a forza di rifiutare, sono finita fuori dal giro. Per fortuna un giorno mi ha telefonato Bertrand Blier e mi ha detto che stava scrivendo un film, Troppo bella per te!, con il ruolo di protagonista pensato per me. Voleva sapere se potesse interessarmi. Io ho detto di sì, in tono molto distaccato. Poi, però, appena ho messo giù il telefono ho gridato di gioia».
Lei ha iniziato a recitare a diciannove anni, come protagonista dell’ultimo film di Luis Buñuel, uno dei registi più famosi della storia del cinema. Dopo un esordio del genere è difficile continuare a lavorare a simili livelli. Pensa che quel vantaggio iniziale si sia trasformato in un ostacolo per la sua carriera di attrice?
«Quando ho interprato Quell’oscuro oggetto del desiderio studiavo da pochi mesi alla Scuola Nazionale di Teatro. Per me quel ruolo è stato un grande regalo della vita, che mi ha dato serenità interiore e molta sicurezza. Però devo dire che il successo di allora era diverso:il film era di Buñuel e basta. Oggi invece la protagonista di un film farebbe dieci copertine, interviste, televisione… un sistema divistico che è iniziato qualche anno più tardi, ed è negativo per l’equilibrio psicologico di una giovane attrice».
La non più giovane attrice Carole Bouquet non sembra custodire segreti chirurgici: le labbra hanno un disegno magnifico, morbido ed elegante. Caso forse unico nel mondo dello spettacolo, questa attrice quarantasettenne non ha i tratti sformati da gonfiori sospetti. E poi è esile in modo naturale, e sul suo corpo non si vedono segni di fatiche da palestra. Struccata com’è, e coi capelli raccolti a coda di cavallo, è già così perfetta che non le cambieresti un dettaglio.
A parte Buñuel e Solo per i tuoi occhi, il migliore dei James Bond con Roger Moore, lei ha girato molti film in Italia: con Celentano, i Vanzina, Nuti, Tognazzi… Quando viene nel nostro paese la gente la riconosce per strada?
Sì, ma fa uno strano effetto. Mi osservano e sento dire: “Guarda, è la Bouquet!”. In Francia si dice: “E’ Carol Bouquet”, non esiste questa forma così confidenziale, con l’articolo davanti. E’ come se fosse un segno d’affetto del pubblico italiano.
Affetto che ha ricambiato venendo a produrre vino proprio in Italia, a Pantelleria, dopo vent’anni di carriera cinematografica. Anche in quest’attività è socia di Gérard Depardieu?
«Gérard non ha sborsato neanche un soldo, è tutto mio! Mi sono innamorata dell’isola e ho comprato dieci ettari di terra senza sapere che cosa ne avrei fatto. Adesso produco ottomila bottiglie di passito all’anno, più olio e capperi. Dò lavoro a trentacinque persone, e recentemente il mio vino è stato recensito molto bene da Wine Spectator.
Allora Depardieu è solo un ospite.
«Sì, e all’inizio non veniva volentieri: odiava il caldo e aveva paura di fare il bagno. Amava soltanto la Normandia, dove piove sempre e il mare lo guardi e basta. Ma ora Pantelleria piace moltissimo anche a lui: la luce, il cibo, la pizza che faccio nel mio forno a legna».
Insomma, vi unisce anche la passione per cibo e vino. Di lei non si direbbe, di lui invece…
«Ma Gérard è bello! E poi non si ferma mai, deve sempre fare, fare, fare. Conoscendo l’ambiente, mi ero ripromessa di non vivere mai con un attore. Con lui mi sono ricreduta: è diverso da tutti gli altri. Non parla mai del suo lavoro, non ha ansie, recita con gioia e felicità».
E la gestione del ristorante non vi fa litigare, come capita a quasi tutte le coppie che lavorano insieme?
«Nient’affatto: lui ha comprato l’immobile e scelto lo chef, io ho selezionato e curato l’arredamento fin nei minimi dettagli, persino la scelta dei bicchieri e dei tovaglioli…»
Qualche mese fa girava voce che Fanny Ardant e Gerard Depardieu avessero una liaison, una sorta di materializzazione a posteriori della coppia mortalmente focosa che insieme interpretarono nell’81 in La signora della porta accanto di Truffaut. Forse era solo una manovra pubblicitaria per lanciare il malriuscito film di Martone di cui la Ardant era protagonista. C’è da sperarlo: la raffinata Carole, ben più vitale di quanto la sua immagine lasci presupporre, e quel guascone di Depardieu, uno che sembra abbuffarsi di vita oltreché di cibo, sono una coppia che fa simpatia. Altro che la noia patinata che ispirano coppie di effimero glamour tipo Brad Pitt e Jennifer Aniston.