Camilla Baresani

Sommario

TORY BURCH

Settembre 2016 - Io Donna - Corriere della Sera - Interviste

È americana ma con consuetudini europee, bella ma non appariscente, giovane ma adulta; è magra ma non ossuta, ricchissima ma non lo dà a vedere,  imprenditrice ma parla sempre dei figli e della famiglia, innovativa ma ama il vintage… riuscite a immaginare qualcosa di più rassicurante? Dev’essere anche per questo che in pochi anni Tory Burch ha costruito una fortuna: con il suo marchio veste donne con la vita piena di “ma anche”. Quella di Tory Burch è una storia di successo imprenditoriale molto americana, e, come altre simili scalate femminili, è assai affascinante: donne che fatturano centinaia di milioni di dollari, fanno beneficenza, hanno figli, cambiano mariti, mangiano bene, fanno ginnastica e corrono… Ma come fanno? Che rabbia! O anche: che invidia! Il marchio Tory Burch produce abbigliamento, pelletteria, accessori, oggetti per la casa, cosmetici. È commercializzato in centoquaranta boutique monomarca – di cui due in Italia, a Roma e Milano – e in più di tremila centri commerciali e negozi del mondo. Il sito Toryburch.com è, per fatturato, il più grande dei negozi del marchio. Tutto è iniziato undici anni fa, con un negozietto a Nolita, quartiere di Manhattan diventato di moda a fine anni ’90.

Ci racconti come ha iniziato. Chi era prima che il suo nome venisse associato a un marchio del lifestyle?  

Sono nata e ho vissuto a Valley Forge, in Pennsylvania, luogo conosciuto solo perché durante la Guerra di Indipendenza George Washington vi fece svernare le sue truppe. Ho studiato storia a Philadelphia. Mio padre era un industriale della carta e dell’imballaggio. Era una persona incredibilmente colta e collezionava di tutto: armature, arte antica, arte contemporanea. Ora purtroppo non c’è più.

E sua madre?

Mia madre è giardiniere organico, anche se avrebbe potuto essere un grande interior designer. Crea fantastici decori e arredi floreali per banchetti, feste, matrimoni.

Come ha fatto, partendo da Valley Forge, a finire nella lista di Forbes delle cento donne più potenti del mondo?

Dopo l’università mi sono trasferita a New York, ho fatto due figli e ho lavorato negli uffici marketing e relazioni esterne di grandi marchi della moda. Poi sono rimasta incinta del terzo figlio e contemporaneamente mi hanno offerto un ruolo più impegnativo. A quel punto pensato che con tre figli e un ruolo ancora più impegnativo non ce l’avrei fatta. Così, nel 2004, durante la fashion week, ho inaugurato il mio negozio con una linea ispirata ai pezzi vintage che amavo collezionare e che cercavo con le amiche nei mercatini delle pulci. In un solo giorno abbiamo venduto tutto. Da lì ho cominciato a disegnare caftani, tuniche, ballerine, e non mi sono più fermata.

Come fa a seguire la famiglia e l’azienda?

Intanto devo dire che ho tre fratelli e senza i loro consigli e la loro collaborazione non avrei potuto fare nulla. In particolare, mio fratello maggiore mi ha fatto da guida ed è copresidente. Le mie giornate sono impegnatissime, ma non iniziano mai senza che io che abbia portato i miei tre figli a scuola; e finiscono rigorosamente alle 18,30, perché voglio tornare a casa e cenare con loro.

Come definirebbe il lifestyle Tory Burch?

Amo creare pezzi belli ma non costosi, rilevanti, moderni, speciali. Mi piace che le donne non abbiano un solo colore di moda ma possano scegliere tra varie tinte. Disegno per donne di tutti i paesi e voglio vestirle risolvendo un problema: indumenti belli e comodi per donne attive, che non hanno a disposizione ore per decidere come vestirsi.

Ora ha aperto due negozi in Italia. Conosce bene il nostro Paese?

Mio padre ci ha sempre portato in vacanza in Italia. Roma, Porto Ercole, Portofino, la Toscana. È in suo onore che ho aperto il primo negozio italiano proprio a Roma anziché cominciare da Milano. La mia prossima tappa sarà produrre in Italia, in particolare scarpe e borse.

Dal 2009 lei promuove concretamente l’indipendenza economica delle donne americane con la Fondazione Tory Burch, che sostiene l’imprenditoria femminile. Come è composta la sua azienda?

L’80 per cento dei miei collaboratori sono donne, e ho fatto il possibile per creare un ambiente  di lavoro che dia soddisfazione e permetta loro di avere una vita famigliare. Penso che le donne debbano incontrarsi e darsi ispirazione a vicenda.

Cosa pensa di Hillary Clinton?

Non la conosco bene ma sono convinta che sarebbe un’ottima Presidente degli Stati Uniti e che saprebbe conciliare le divisioni tra gli americani. L’ho pensato sin da quando era Segretario di Stato. L’America è matura per un Presidente donna.